Rumore… non così fastidioso!
La ricerca sul rumore elettronico presso l’Università degli Studi di Salerno
(A cura di Amedeo Ferrentino, Università degli Studi di Salerno)
Cosa si intende in fisica per rumore?
Nella sua accezione più comune il rumore è qualcosa che viene percepito come disturbo: una porta che scricchiola, il passaggio di un treno, un suono, un segnale che ha in sé qualcosa di casuale, disordinato, non regolare. Si pensi alla regolarità di una sonata di Beethoven, possiamo considerare questa come il nostro segnale principale e il brusio della platea come rumore. Nell’ambito dei dispositivi elettronici è presente una situazione analoga. Vi è un segnale che può essere la lettura di una tensione, di una corrente o di una resistenza e vi sono elementi di disturbo che modificano il segnale sommandosi ad esso. La causa di tale rumore è principalmente dovuta alle fluttuazioni spontanee che avvengono nella materia, riconducibili essenzialmente all’agitazione termica delle molecole o degli atomi (rumore termico) oppure a flussi casuali di grandezze quantizzate come la carica elettrica (rumore shot). Esso è ineliminabile in linea di principio, sebbene possa venire ridotto con opportuni accorgimenti.
Ciò che rende il rumore così interessante è che la sua osservazione a livello macroscopico costituisce una finestra aperta sul mondo microscopico in quanto derivante da fluttuazioni di grandezze microscopiche. Si manifesta nella forma di segnali casuali che, tipicamente, hanno un aspetto non molto promettente:
Questi segnali non hanno una forma descrivibile in termini di semplice sovrapposizione di onde e non sono segnali periodici. Tuttavia, la loro natura casuale permette di descriverli in termini statistici.
Un’analisi di Fourier di questi segnali, infatti, rivela uno spettro continuo nelle frequenze. Sono queste ultime proprietà che distinguono il rumore propriamente detto dai disturbi, cioè dai segnali indesiderati di origine esterna, una categoria vastissima alla quale contribuiscono fenomeni di origine sia naturale che artificiale: la rete elettrica (50 Hz UE, 60 Hz US) e le sue armoniche, le interferenze radio e radar, i fenomeni atmosferici, le vibrazioni meccaniche, il rumore sismico e via dicendo. Questi disturbi si possono considerare come eliminabili, almeno in linea di principio, con opportune tecniche di filtraggio o di schermaggio e, generalmente, il loro spettro non è di tipo continuo, bensì discreto.
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live_help Analisi di Fourier: che cosa significa?
L'analisi di Fourier è un metodo che permette di osservare il comportamento, nel dominio delle frequenze, di un segnale variabile nel tempo, misurandone lo spettro. Qualitativamente ci informa su quanto segnale abbiamo ad una determinata frequenza. Matematicamente, fare lo spettro di un segnale equivale a calcolarne la trasformata di Fourier. Per fare un esempio, possiamo pensare alla corrente alternata fornita dalla rete elettrica che, nel tempo, ha l'aspetto di una sinusoide a frequenza 50Hz. Se osserviamo lo spettro di questo segnale troveremo dunque un picco su questo valore. Diversamente, se osserviamo un segnale con componenti che oscillano a diverse frequenze, troveremo tanti picchi. Quando l'andamento dello spettro non è più discreto (si possono risolvere i diversi picchi) parliamo di spettro continuo.
In natura i fenomeni affetti da fluttuazioni sono molto numerosi: il Prof. Sergio Pagano dell’Università degli Studi di Salerno si dedica allo studio del rumore elettrico. In questo caso, tali fluttuazioni hanno differenti origini, quali l’agitazione frenetica degli atomi (rumore termico), le variazioni delle grandezze elettriche dovute a meccanismi di intrappolamento delle cariche (trapping-detrapping) e al più comune rumore flicker (1/f noise). Ogni tipo di rumore lascia la sua traccia inconfondibile sotto forma di spettro caratteristico.
Il rumore 1/f è così chiamato per via del suo caratteristico andamento inversamente proporzionale alla frequenza. In natura è molto diffuso e si osserva in una vasta categoria di fenomeni, tuttavia non ne è ancora stata formulata un’interpretazione comune. Alcuni esempi in cui compare sono il rumore nelle membrane biologiche, il rumore sismico, le fluttuazioni delle piene del Nilo, dell’attività solare, dell’intensità dei suoni in un brano musicale, dell’intensità del traffico stradale…
Che tipo di misure sono effettuate in laboratorio?
Nelle misure effettuate in laboratorio si analizza principalmente lo spettro in frequenza di un segnale di tensione tramite un analizzatore di spettro (sulla destra in figura). La misura, tuttavia, non è così semplice come si potrebbe pensare e bisogna preparare il campione con opportuni accorgimenti. I contatti elettrici, innanzitutto, introducono un rumore di cui non si vuole studiare lo spettro e che si può eliminare realizzando una misura a quattro terminali o misura Kelvin: facendo riferimento alla figura il campione (in nero) ha contatti più esterni e più interni, una corrente I è iniettata in quelli esterni e si misura la caduta di potenziale su quelli interni dovuta al passaggio della corrente. Questa tecnica permette di eliminare in una prima fase il rumore dato dalle resistenze dei contatti in DC. In un’analisi successiva dei dati il rumore del segnale in AC dovuto alla presenza dei contatti viene opportunamente eliminato aggiungendo un’ulteriore misura a corrente nulla.
Un altro accorgimento indispensabile è l’amplificazione del segnale perché le tensioni misurate sono troppo basse per una lettura diretta dell’analizzatore di spettro. Facendo riferimento alla figura, lo strumento rappresentato al centro è utilizzato appunto per questo scopo. Il segnale prodotto è, infine, analizzato in frequenza.
Rumore nei superconduttori non convenzionali
I superconduttori sono una particolare classe di materiali che, a temperature molto basse, sono in grado di trasportare grandi quantità di corrente con dissipazione pari a zero (resistenza nulla). Il meccanismo alla base di tale fenomeno è stato teorizzato da Bardeen, Cooper e Schrieffer e si basa sulla conduzione a coppia degli elettroni, dette coppie di Cooper. Le super-correnti che scorrono all’interno di questi materiali sono in grado di espellere totalmente il campo magnetico che li attraversa - tale fenomeno prende il nome di effetto Meissner o diamagnetismo perfetto.
I superconduttori iron-based (FeSCs) sono rimasti nell’oscurità per molto tempo fino alla loro sensazionale scoperta avvenuta in Giappone nel 2006. Essendo il ferro il materiale ferromagnetico per antonomasia, nessuno si sarebbe aspettato di trovare la superconduttività, fenomeno tipico di materiali diamagnetici, all’interno di un sistema basato su questo elemento.
La loro recente scoperta ha stimolato un impegno crescente nella ricerca su questi materiali che costituiscono la seconda classe di superconduttori ad alta temperatura dopo i cuprati (composti ceramici basati sul rame) e promettono la scoperta di nuovi materiali a temperatura ancora maggiore. È stato inoltre mostrato che essi possiedono un meccanismo di accoppiamento non convenzionale, differente da quello delle coppie di Cooper.
In particolare il gruppo di Salerno studia questo tipo di superconduttori tramite misure di rumore, con l’obiettivo di fare luce sul meccanismo di conduzione che li caratterizza. Ciò che si osserva è che vi è una relazione tra il livello di rumore e le proprietà microscopiche del materiale, in particolare il numero di portatori di carica, tramite la relazione semiempirica di Hooge:
\[\frac{S_V}{V^2} = \frac{C}{f^\gamma} \quad \text{ con } \quad C = \frac{\alpha_H}{N}\]dove N è il numero dei portatori e αH costante di Hooge e Sv/V2 il rapporto tra l’intensità di rumore e la tensione applicata. Tale relazione è in accordo con le misure tranne che in una certa regione di temperatura e corrente dove il comportamento risulta anomalo. Nessun modello, oggi, è in grado di spiegare questo comportamento. È tuttavia possibile che esista un forte legame col meccanismo di conduzione del superconduttore FeSe0.5Te0.5.
Il progetto è stato sviluppato, presso l’Università degli Studi di Salerno, in collaborazione con il Prof. K. Iida dell’Institute for Solid State Materials Research Dresden (IFW Dresden, Germany), nell’ambito del Progetto Europeo Establishing the basic science and technology for Iron-based superconducting electronics applications (IRONSEA).
Detector di cambi di fase strutturali nelle celle a perovskite
Uno studio pubblicato qualche anno fa da A. Petrozza e H. Snaith ha rivelato le entusiasmanti proprietà elettriche di materiali a struttura perovskita, una particolare tipologia di reticolo cristallino. Molti ricercatori credono che questi materiali possano in futuro sostituire le attuali celle fotovoltaiche in silicio e addirittura competere con la produzione di energia ricavata dai combustibili fossili. I bassi costi di produzione e la facilità di reperimento dei materiali fa delle celle solari a perovskite un dispositivo altamente innovativo.
Tra le tecniche di analisi non distruttiva oggi disponibili, la spettroscopia di rumore ha rivelato la sua efficacia nella caratterizzazione di materiali fotovoltaici. Ad esempio sono stati caratterizzati fotodiodi a struttura perovskita e sono state messe in evidenza proprietà strutturali della lega binaria nickel-titanio grazie allo studio della densità spettrale di rumore 1/f in dipendenza dalla temperatura.
Dato il successo di queste tecniche si è deciso di utilizzarle su una classe di materiali a struttura perovskita ibrida (CH3NH3PbI3), particolarmente interessanti per il loro potenziale impiego nella fabbricazione a basso costo delle celle fotovoltaiche. Ciò che è possibile osservare con le misure di rumore è l’esistenza di un forte legame tra i cambiamenti di fase strutturale della cella perovskita e il livello di rumore nelle misure di conduzione elettrica. Infatti è noto che alle temperature di 160 K e 310 K avviene una transizione di fase strutturale in grado di modificare profondamente le proprietà elettriche del materiale fotovoltaico, anche se molte domande restano ancora irrisolte riguardo il meccanismo fisico della conduzione in questi materiali.
Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con il gruppo diretto dal Prof. B. Rech, Direttore dell’istituto Silicon Photovoltaics del Helmholtz-Zentrum Berlin für Materialien und Energie (Berlin, Germany). Il campo di ricerca è ancora aperto e c’è ancora tanto lavoro da fare. Le perovskiti non aspettano altro che giovani ricercatori!
L’indagine delle fluttuazioni continua… ageing nelle celle solari.
Recentemente i polimeri conduttori si sono rivelati una nuova classe di semiconduttori che combinano proprietà ottiche ed elettriche con le tecnologie avanzate legate alle plastiche. Tuttavia uno dei principali punti deboli di questi materiali è l’instabilità del polimero fotoattivo sotto condizioni di operatività. Questi, infatti, si degradano rapidamente con il tempo e poiché esposti all’ambiente e all’aria.
E’ determinante individuare una tecnica in grado di rivelare le proprietà di degradazione, la quale viene simulata mediante la temperatura. Esistono tecniche di misura spettroscopica di vario tipo che però necessitano di ulteriori informazioni riguardo le proprietà di trasporto elettrico del materiale. Lo studio del rumore a bassa frequenza può costituire una valida alternativa per investigare queste proprietà in vari sistemi come manganiti, nanotubi di carbonio o dispositivi al grafene perché si è rivelato uno strumento efficace e soprattutto non distruttivo. Inoltre può rappresentare un valido strumento di ottimizzazione della fabbricazione di dispositivi a cella solare.
Quello che è stato messo in evidenza nelle ricerche condotte dal team di Pagano è che raggiunta una temperatura di breakdown le proprietà elettriche e di trasporto risultano cambiate considerevolmente. La temperatura, infatti, è uno dei parametri in grado di accelerare la degradazione nelle celle solari polimeriche. In particolare si osserva una diminuzione della mobilità dei portatori di corrente in conseguenza dell’ageing termico, che può portare a effetti negativi sulla resa finale del dispositivo. Questo tipo di conclusioni si può fare grazie alla relazione diretta presente tra la mobilità degli elettroni e le misure di intensità di rumore.
In maniera del tutto simile è possibile investigare le proprietà di degradazione di una cella solare a giunzione p-n. In tali celle le fluttuazioni dipendono fortemente dalla geometria del diodo, dai processi di fotogenerazione e dal bias applicato. In questo, il rumore è determinato dalle transizioni energetiche degli elettroni che avvengono tra livelli di energia anomali dovuti a difetti del materiale. Ancora una volta è possibile mostrare, tramite misure di rumore a bassa frequenza, come la presenza di difetti sia legata alla degradazione delle celle solari. Cfr. Landi G., Barone C. et al. “A noise model for the evaluation of defect states in solar cells“. Sci. Rep. 6, 29685. DOI: 10.1038/srep29685 (2016).
Dopo tutto questo rumore vediamo sotto una nuova luce tali metodi di indagine ed è ancora più evidente il fatto che nella fisica esistano forti relazioni tra il mondo microscopico e quello macroscopico. E’ inoltre chiaro come, inaspettatamente, i meccanismi che avvengono nell’infinitamente piccolo si manifestino su grandi scale. Superconduttori, celle solari e rumore vanno del tutto d’accordo e a Salerno non aspettiamo altro che giovani fisici in grado di sondare i misteri di questi materiali. Almeno per questa volta, paradossalmente, possiamo abbassare il volume della musica e alzare quello del rumore!