Misurare l'invisibile
L’approccio di Lynden-Bell per scovare la Materia Oscura.
(A cura di Luca Orusa, Università degli Studi di Torino)
La Materia Oscura
Prima di tutto: che cos’è la materia oscura? In cosmologia con materia oscura si definisce un’ipotetica componente di materia non direttamente osservabile, in quanto, diversamente dalla materia conosciuta, non emette radiazione elettromagnetica e si manifesta unicamente attraverso gli effetti gravitazionali. Perché si è resa necessaria l’introduzione di una nuova tipologia di materia, diversa da quella standard? Nel corso del ventesimo secolo sono state effettuate diverse osservazioni su scala galattica ed extragalattica che hanno portato a dei risultati non spiegabili attraverso le proprietà della sola materia standard:
• galassie: ruotano più velocemente di quello che ci si aspetterebbe considerando solo la massa visibile;
• lenti gravitazionali: si osserva che la luce delle stelle dietro ad una data galassia viene deviata dal campo gravitazionale di quest’ultima. Se fosse presente solo materia ordinaria, però, si misurerebbe una deviazione di molto inferiore a quella osservata;
• formazione su larga scala di strutture nell’Universo: la densità della sola materia barionica non è sufficiente alla formazione delle strutture che noi vediamo al giorno d’oggi;
• radiazione cosmica di fondo (CMB): uno dei picchi dello spettro angolare di multipolo della CMB può essere ricondotto alla presenza di materia oscura.
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live_help Cosa sono I barioni?
I barioni, insieme ai mesoni, costituiscono gli adroni, le particelle soggette all’interazione forte. Le particelle elementari che partecipano all’interazione forte sono i quark: i barioni sono formati da 3 quark. Spesso gli elettroni vengono inseriti dai cosmologi nella categoria dei barioni, anche se ciò è errato da un punto di vista particellare.
Le più recenti misure indicano che la materia oscura costituisce circa l’86% della materia dell’universo e circa il 27% della sua energia.
Lungi dal voler effettuare una trattazione dal punto di vista particellare, poniamo il problema di come descrivere le strutture formate dalla materia oscura su scala galattica. L’ipotesi più accreditata è che tale materia si disponga in aloni sferici, centrati nel nucleo della galassia, con una densità di massa decrescente verso le periferie e costituiti da “nuove” particelle, non barioniche e interagenti al più mediante l’interazione debole, oltre che gravitazionale. Derivare la distribuzione della densità di materia oscura nelle galassie è un problema non risolto e ancora aperto a nuovi sviluppi. Nel corso della storia è presente un solo caso di derivazione analitica del profilo di densità della materia oscura galattica grazie allo studio effettuato da Donald Lynden-Bell. Altri risultati importanti sono stati ottenuti attraverso le cosiddette simulazioni di sistemi a molti corpi.
Studio di Lynden-Bell
Nel 1967 Lynden-Bell pubblica su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society lo studio Statistical Mechanics of Violent Relaxation in Stellar Systems in cui effettua la derivazione analitica della funzione di distribuzione di sistemi stellari non collisionali, in equilibrio e non, trattandoli come sistemi formati da $N$ identici punti di massa. La funzione di distribuzione (DF) riferita a un sistema viene definita come la densità di massa nello spazio delle fasi.
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live_help Lo spazio delle fasi
Un sistema fisico può essere descritto da un opportuno insieme di variabili. Esse costituiscono le coordinate dello spazio delle fasi, i cui punti descrivono tutti e soli gli stati del sistema. Ogni punto è individuato da certi valori delle variabili. Un esempio tipico di spazio delle fasi è lo spazio $p-q$ (momento-posizione), che si studia in Meccanica Analitica.
In prima battuta Lynden-Bell opera una discretizzazione dello spazio delle fasi per calcolare la DF di un sistema all’equilibrio, assumendolo nello stato di massima entropia. Posto che la massa e l’energia totale si conservino si arriva ad una soluzione per la DF che ha la particolarità di essere la stessa che si otterrebbe analizzando un sistema formato da particelle di materia oscura. Il punto chiave è il cosiddetto limite non degenere, ovvero il caso in cui lo spazio occupato dai corpi che compongono il sistema è piccolo rispetto allo spazio totale disponibile: se vale ciò (e Lynden-Bell lo dimostra nel caso stellare) allora la DF tende alla distribuzione di Maxwell-Boltzmann.
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live_help La distribuzione di Maxwell-Boltzmann
La distribuzione di Maxwell-Boltzmann è una funzione di distribuzione delle particelle con una certa energia, in un sistema che obbedisce alle leggi della fisica classica: fornisce cioè la probabilità che una particella abbia un'energia compresa fra $E$ ed $E+dE$.
A questo punto vengono considerati sistemi stellari recentemente formati, non in equilibrio e non collisionali, che su larga scala possiedono un campo gravitazionale variabile nel tempo. Questo processo di variazione del campo gravitazionale provoca una non conservazione delle energie dei singoli elementi che compongono il sistema e viene definito rilassamento violento. Lynden-Bell ricava una soluzione della DF anche in questo caso utilizzando l’equazione di Fokker-Planck e ottenendo che, sotto opportune condizioni, essa tenda a una Maxwell-Boltzmann.
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live_help L'equazione di Fokker-Planck
L'equazione di Fokker-Planck, il cui nome è dovuto ad Adrian Fokker e Max Planck, descrive l'evoluzione temporale della funzione di densità di probabilità della posizione di una particella. Questa equazione viene utilizzata ad esempio per descrivere il moto browniano di un fluido soggetto a forze esterne non nulle. Con il termine moto browniano si fa riferimento al moto disordinato di particelle sufficientemente piccole (aventi diametro dell'ordine del micrometro) presenti in fluidi ed osservabili al microscopio.
Prendendo come DF una Maxwell-Boltzmann e applicandola a un caso di simmetria sferica si ricava il profilo di sfera isoterma modificata. L’andamento del profilo presenta la forma riportata nella Figura 3, con un picco centrale a valore finito e un decrescita che va col quadrato della distanza dal centro della galassia.
Questo profilo viene spesso utilizzato come modello per descrivere gli aloni di materia oscura che circondano le galassie in quanto considerata non collisionale e in equilibrio. Il lavoro di Lynden-Bell ha alcuni importanti problemi: il risultato ricavato viene ottenuto attraverso delle imposizioni ad hoc e per casi approssimati. Inoltre partendo da un sistema con massa ed energia totali definite si arriva al profilo di sfera isoterma che, integrato nello spazio, fornisce una massa infinita, caso non fisico e in evidente contrasto con le ipotesi di partenza. Questo studio rimane comunque l’unico esempio di derivazione analitica di una DF applicabile agli aloni.
Simulazioni n-body
Le simulazioni numeriche cosmologiche hanno assunto grande rilevanza nello studio della struttura su grande scala dell’Universo per quanto riguarda la modellistica teorica e l’interpretazione dei dati osservativi. Le simulazioni a N-corpi (N-body) sono simulazioni di sistemi dinamici di particelle (non in equilibrio) sotto l’influenza di forze fisiche e descrivono la crescita gravitazionale delle strutture galattiche ed extra-galattiche in un Universo in espansione, partendo da date condizioni iniziali. Tali simulazioni descrivono sostanzialmente il comportamento della materia oscura. Attraverso questi strumenti sono stati elaborati vari profili di distribuzione spaziale di materia oscura negli aloni come il profilo di Navarro-Frenk-White (NFW), il profilo di Einasto e il profilo di Burkert. Differentemente dal profilo NFW, che ha una densità centrale infinita, il profilo di Einasto ha una cuspide centrale finita, mentre il profilo di Burkert descrive un nucleo di densità costante a piccoli raggi. A causa però della risoluzione limitata offerta dalle simulazioni a N-corpi, non è stato ancora possibile sapere quale modello fornisca la migliore descrizione della densità centrale degli aloni oscuri simulati. Nella Figura 4 sono riportati gli andamenti dei tre profili sopra elencati:
Applicazioni sperimentali
I profili di densità sopra citati vengono spesso utilizzati per modellizzare gli aloni di materia oscura e interpolare i dati provenienti dalle curve di rotazione delle galassie, dove con curva di rotazione si intende l’andamento della velocità di rotazione della galassia in funzione della distanza rispetto al suo centro. Di seguito sono riportati due esempi, uno riferito a una galassia ad alta brillanza superficiale (HSB) e l’altro riferito ad una galassia a bassa brillanza superficiale (LSB). Le curve che passano per i dati sperimentali e i loro errori sono ottenute considerando la presenza di materia oscura e modellizzandola con profili di sfera isoterma singolare, Einasto e NFW, mentre le curve che non interpolano i dati sono ottenute considerando la sola materia standard.
Per saperne di più
In questo articolo si è cercato di dare una panoramica generale della ricerca che viene portata avanti in questo settore, campo ancora in evoluzione e con ampi spazi di miglioramento. Questo argomento, in particolare lo studio di Lynden-Bell è stato il tema della mia tesi triennale e mi ha permesso di affrontare argomenti nuovi, non necessariamente trattati alla magistrale, nonché di eseguire calcoli in maniera autonoma senza il continuo supporto del docente. Per maggiori informazioni sull’argomento è possibile consultare e scaricare liberamente l’articolo di Lynden-Bell e altro materiale relativo alle simulazioni N-body dal sito.
Contatti utili
Astroparticle and Neutrino Physics Group dell’Università degli Studi di Torino
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