L’entropia di una galassia
La fisica dei gas di stelle long-range che “rompono” la Meccanica Statistica.
(A cura di Guido Giachetti, Università degli Studi di Firenze)
Il comportamento dei sistemi composti da molte particelle presenta delle differenze sostanziali rispetto a quello dei piccoli sistemi: per un gas, un magnete, un vetro possiamo applicare le leggi della termodinamica. Tutti questi sistemi evolveranno presto verso la condizione di massima entropia, ovvero l’equilibrio. Questa evoluzione è irreversibile: la diffusione di una goccia di inchiostro in un bicchier d’acqua, il passaggio di calore da un corpo più caldo a uno più freddo, lo smorzamento delle oscillazioni di un pendolo sono tutti fenomeni irreversibili che definiscono una freccia del tempo.
-
live_help Entropia
L’entropia è una misura del disordine di un sistema: conta il numero di configurazioni microscopiche nello spazio delle fasi che corrispondono ad un dato set di osservabili macroscopiche (pressione temperatura). Il secondo principio della Termodinamica afferma che l’entropia di un sistema isolato può solo crescere, e che quindi lo stato di equilibrio è quello che massimizza l’entropia.
La teoria alla base della termodinamica è la Meccanica Statistica. Essa può essere applicata ai sistemi con un enorme numero di gradi di libertà, come superconduttori, condensati di Bose Einstein, plasmi di quark e gluoni. Inoltre la sua verifica sperimentale in regimi classici, quantistici e relativistici la rende forse la teoria più generale di tutta la fisica.
Agli occhi di un fisico teorico tuttavia, anche le stelle che compongono ammassi e galassie non sono altro che innumerevoli particelle interagenti. Dunque i sistemi astrofisici dovrebbero poter essere trattati, secondo la Meccanica Statistica, come un gas di stelle. Purtroppo, la triste verità è che, se usiamo questo modello, la teoria fallisce. Come mai questa teoria, che pure descrive con egual precisione le vibrazioni di un solido, i superfluidi e le stelle di neutroni, non può descrivere il modo in cui le stelle si distribuiscono in una galassia?
I sistemi long range
La colpa è della legge della gravitazione universale: si, proprio quella della mela di Newton! Come sanno anche i più teneri fanciulli, questa ha il difetto di essere inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Questo vuol dire che la gravità decresce molto lentamente, troppo lentamente per i gusti della Meccanica Statistica. La gravità è quindi una cosiddetta interazione a lungo raggio (long-range).
-
live_help Lungo e corto raggio
Se si suppone di prendere un insieme di particelle distribuite uniformemente, il numero di particelle ad una distanza data r, cresce come la superficie di una sfera r^2. Dato che l’energia di interazione gravitazionale va invece come 1/r, ogni guscio di distanza r contribuisce con un termine proporzionale a r. Il sistema quindi sente “di più”, le particelle più lontane. Questo non sarebbe successo se l’andamento fosse stato, ad esempio, esponenziale: in tal caso si parla di interazione a corto raggio.
In un sistema a lungo raggio ogni particella sente tutte le altre, mentre in un “normale” sistema a corto raggio ogni particella sente, all’atto pratico, solo le più vicine. Prendiamo ora una particella di un gas ideale (sistema short-range): la sua traiettoria sarà molto irregolare, influenzata dai continui urti con le particelle che, casualmente, si trovano ad essa più vicine in quel momento. Questi urti, quindi finiranno per disordinare il sistema.
Al contrario, la traiettoria del Sole all’interno della Via Lattea è molto regolare: infatti questa è influenzata più che altro dalla distribuzione media di materia (oscura e visibile) dell’intera galassia. Un sistema long-range non riesce a “disordinarsi” e il Secondo Principio della Termodinamica è violato: l’entropia non cresce!
Questo spiega perché la termodinamica non è applicabile, ma la domanda adesso è un’altra: supponiamo di lasciare una nube di polvere collassare sotto la propria gravità. Cosa accadrà a questo sistema? Dato che l’entropia non aumenta, esiste una freccia del tempo o la dinamica è reversibile? Le oscillazioni di questo sistema si smorzeranno prima o poi o, come accade ad un pendolo ideale nel vuoto, queste continueranno all’infinito?
Sorprendentemente, anche se il disordine non aumenta, la dinamica è irreversibile e definisce una freccia del tempo: il sistema si assesta dopo poco tempo su di uno stato di equilibrio! Il meccanismo è probabilmente simile a quello proposto da Landau nello studio dei plasmi (smorzamento di Landau) ma ancora non si conoscono i dettagli. Ad oggi non esiste infatti una Meccanica Statistica “modificata” che riesca a prevedere il comportamento di questi sistemi all’equilibrio!
-
live_help Smorzamento di Landau
Lo smorzamento di Landau è un meccanismo proposto negli anni ‘40 dal fisico russo Lev D. Landau per spiegare l’attenuazione di onde elettromagnetiche in un fluido carico (plasma) senza aumento dell’entropia del sistema. Alcune particelle del plasma, muovendosi nel potenziale mobile generato dall’onda, entreranno in risonanza con questo, guadagnando molta energia a spese dell’altro.
L’equazione di Vlasov
Per descrivere matematicamente il moto di questi sistemi si utilizza di solito la funzione di distribuzione, ovvero la densità numerica di particelle che si trovano in una data celletta dello spazio delle fasi. L’evoluzione di questa funzione di distribuzione è data dalla cosiddetta equazione di Vlasov: questa assume che ogni particella si muova indipendentemente dalle altre in un potenziale dato.
La complicazione che rende il sistema non banale è il fatto che questo potenziale vari nel tempo, dipendendo dalla posizione complessiva delle particelle nello spazio. Di conseguenza il sistema auto interagisce e l’equazione di evoluzione (o di Vlasov) diventa un’equazione non lineare alle derivate parziali: decisamente una bestia difficile da trattare.
Modello HMF
Lo scopo ultimo dello studio dei sistemi long range è quello di capire la dinamica di galassie, ammassi di stelle e altri sistemi astrofisici. Ad ogni modo, come in una famosa barzelletta sulle mucche sferiche, i fisici teorici amano riferirsi a modelli di gran lunga più semplici, che conservano tutte le caratteristiche salienti a cui si è interessati, togliendo al contempo tutte le complicazioni inutili.
Nel campo del long range, il modello minimale di riferimento è il cosiddetto modello HMF (Hamiltonian Mean Field), introdotto nel 1995 da Stefano Ruffo. L’equazione di Vlasov di questo sistema descrive il moto di un numero molto grande di pendoli indipendenti in un campo gravitazionale variabile. Quest’ultimo è infatti determinato da come è distribuita la massa del sistema e in particolare dalla posizione del centro di massa dei pendoli: più questi sono concentrati attorno al punto di equilibrio, più il campo gravitazionale sarà intenso. Viceversa, se i pendoli sono distribuiti in maniera uniforme, il campo gravitazionale sarà nullo.
Nonostante il fatto che questo modello non abbia, a prima vista, nulla in comune con i sistemi astrofisici da cui siamo partiti, i risultati della simulazione numerica dimostrano come il comportamento qualitativo del modello HMF sia sorprendentemente simile al comportamento di un sistema gravitazionale che collassa su se stesso. Intuitivamente, possiamo immaginare il perché. Consideriamo una configurazione in cui le particelle siano ferme, e distribuite in maniera quasi uniforme con una piccola disomogeneità. Questa creerà a sua volta un debole campo gravitazionale che metterà in moto contemporaneamente tutte le particelle in direzione della disomogeneità, e il sistema nel complesso inizierà ad oscillare.
Prima simulazione: Modello HMF con condizioni iniziali quasi uniformi. Il modello può essere visto come un insieme di pendoli non interagenti (che si muovono su di un cerchio) in cui la gravità è decisa dalla distribuzione media dei pendoli stessi. Come si vede, dopo il collasso e alcune oscillazioni, la gravità si stabilizza. Seconda simulazione: Stessa situazione della figura precedente vista nello spazio delle fasi di singola particella. È evidente la formazione di strutture sempre più dettagliate che sposta la dinamica su scala via via minore.
Il modello può essere utilizzato anche per descrivere il comportamento di altri sistemi long range, non necessariamente in ambito astrofisico: ad esempio lo si può usare per descrivere atomi ultrafreddi in cavità ottica. Inoltre anche la fisica dei plasmi e quella dei fluidi bidimensionali (ad esempio l’atmosfera terrestre) possono essere descritte in termini di interazioni long range.
Stati quasi-stazionari
Lo scopo ultimo dello studio dei sistemi con interazioni a lungo raggio è quello di riuscire a prevedere quale sarà lo stato di equilibrio finale raggiunto dal sistema. Questi stati sono detti stati quasi-stazionari e, come già detto, non esiste ad oggi un modo per predirli.
Il problema di fondo è che gli assunti di base della Meccanica Statistica non sono applicabili ai sistemi long range ed è necessario ripartire da zero con la costruzione di una teoria alternativa. Da questo punto di vista l’evoluzione del sistema si pone a metà strada tra quella di un sistema meccanico (ad esempio un biliardo) e un sistema termodinamico (un gas), conservando le difficoltà connesse allo studio del moto di un numero parecchio grande di particelle fortementi interagenti, senza la possibilità di utilizzare le “scorciatoie” che si usano di solito (massimizzazione dell’entropia, in primis).
Il gruppo di Firenze cerca quindi di caratterizzare gli stati quasi-stazionari e, soprattutto, metterli in relazione con le condizioni iniziali. Infatti, mentre un sistema short-range perde rapidamente “memoria” dei dettagli della condizione iniziale (a parte l’energia) non è chiaro quanto questo sia vero per un sistema long-range. In realtà le simulazioni suggeriscono che le condizioni iniziali siano in realtà importanti per determinare lo stato finale di un sistema long-range. L’approccio a cui stiamo lavorando è quello di cercare di separare la parte veramente “meccanica” del sistema da quella “termodinamica”. La prima è legata all’evoluzione di poche grandezze medie del sistema, che non dipendono dai dettagli del suo stato, mentre la seconda è legata alla complicata struttura su piccola scala che emerge guardandolo più da vicino. Descrivere lo smorzamento del sistema equivale a capire, in una cornice à la gruppo di rinormalizzazione, come il moto del sistema si trasferisca da questi gradi di libertà meccanici a quelli termodinamici.
-
live_help Gruppo di rinormalizzazione
Si tratta di una delle idee centrali della fisica nel XX Secolo, che trova applicazione sia nello studio della materia condensata, sia nella fisica delle particelle. Questo descrive come i gradi di libertà corrispondenti alle scale di lunghezza più piccole di un sistema possano influenzare in maniera efficace (“rinormalizzare”) la fisica su scale più alte.
Conclusioni
Nonostante più di un secolo di studi sulla Meccanica Statistica i sistemi con interazioni a lungo raggio rimangono misteriosi e la loro fisica è ancora oggi poco compresa. Nonostante l’applicazione fondamentale si abbia in ambito astrofisico, i sistemi long range si utilizzano anche nella fisica del plasma o in sistemi quantistici di atomi ultrafreddi. Per queste e altre ragioni lo studio di tali sistemi ha visto un profondo sviluppo negli anni appena trascorsi. Il gruppo di ricerca dell’Università di Firenze è stato pioniere in questi studi, ottenendo importanti risultati e portando avanti una tradizione decennale di ricerca su questo ambito.
Contatti utili
FiSiCo – UniFi/ISC-CNR (Firenze)
“L’entropia di una galassia” di Guido Giachetti, Associazione Italiana Studenti di Fisica, è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.