L’Università di Bologna alla ricerca della Dark Matter

Cos’è la Materia Oscura?

(A cura di L. Bruno e I. Ghaleb, studenti di Astrofisica)

Negli anni ‘60 Vera Rubin e Kent Ford calcolano la curva di rotazione della galassia di Andromeda: i dati sperimentali non risultano in accordo col modello ipotizzato.

Curva di rotazione delle galassie

La figura mostra come la velocità delle stelle prevista coincida con quella osservata in prossimità del centro galattico e sul disco, mentre ai confini della galassia, dove la massa visibile tende a zero, la curva sperimentale si mantiene costante in contrasto con quanto atteso. Questa fu la prima prova dell’esistenza di materia non visibile, detta “oscura” (Dark Matter, DM) poiché non interagente con la radiazione elettromagnetica come la comune materia barionica. La DM è localizzata principalmente negli aloni delle galassie ed è stimato che costituisca circa il 26% della densità di energia dell’Universo.

Per spiegare una così alta percentuale negli anni sono state proposte diverse ipotesi sulla sua natura ignota: un esempio sono i MACHO (MAssive Compact Halo Object), ovvero oggetti di grande massa come buchi neri e pianeti giganti presenti negli aloni galattici e difficili da osservare a causa della loro scarsa luminosità. Dalle osservazioni sperimentali dei MACHO nella Via Lattea questi possono spiegare solo in minima parte la materia mancante nella Galassia e quindi non possono costituire nella sua interezza la DM. Accanto a questa teoria, definita di materia oscura barionica, è possibile individuare modelli di materia oscura non barionica come i neutrini o le WIMP (Weakly Interacting Massive Particle), particelle di grande massa e natura esotica. Mentre l’ipotesi di neutrini come DM è esclusa a causa della loro piccola massa, le WIMP sono ancora in fase di studio sebbene al momento gli esperimenti non stiano riportando risultati favorevoli.

Vi sono altre prove a favore dell’esistenza della DM, come le lenti gravitazionali (indotte proprio da oggetti di grande massa) o il rapporto massa-luminosità delle galassie, che indica la presenza di massa non visibile. Inoltre i modelli cosmologici si basano proprio sulle fluttuazioni di densità della DM nell’Universo primordiale: queste hanno dato origine ai primi aloni e in seguito alle altre strutture stellari.

Non manca però chi ha suggerito (o azzardato?) ipotesi innovative, negandone l’esistenza e proponendo che a grande distanza il valore della forza gravitazionale non coincida con quello a noi noto (teoria MOND, MOdified Newtonian Dynamics). In un recente articolo il fisico teorico Erik Verlinde ha proposto che la gravità sia solo un fenomeno emergente legato alla variazione di entropia di una massa, in analogia con la temperatura generata dal moto degli atomi. La curva di rotazione galattica prevista da questa teoria è in ottimo accordo con quanto osservato sperimentalmente. Ad oggi la materia oscura costituisce uno dei più grandi misteri dell’Astrofisica e della Cosmologia.

Che cosa dicono i teorici?

(A cura di M. Migliozzi e O. Pomponio, studenti di Fisica Teorica)

Il gruppo FLAG (FieLds And Gravity) dell’INFN indaga sulla materia oscura, qui a Bologna attraverso la figura del Dr. Michele Cicoli che si occupa delle WIMP di cui si pensa sia costituita la materia oscura. Si tratta di particelle dotate di grande massa (dell’ordine del TeV) che interagiscono con la materia ordinaria tramite le forze gravitazionale e debole. In particolare, il Dr. Cicoli si occupa di come le WIMP derivino dalla Teoria delle Stringhe e dei meccanismi di produzione non standard di queste particelle, meccanismi secondo cui esse non deriverebbero dal bagno termico primordiale, bensì da processi non termici, come ad esempio il decadimento di particelle più pesanti fuori dall’equilibrio termico.

La ricerca del Dr. Cicoli è anche diretta allo studio dei buchi neri primordiali che, a differenza dei buchi neri formati da collasso gravitazionale di una stella, si pensa siano stati originati dalla grande densità di materia oscura durante il periodo di inflazione primordiale dell’Universo. Un’eventuale osservazione di un buco nero primordiale rappresenta inoltre una delle poche possibili evidenze sperimentali della Teoria delle Stringhe.

Che cosa fanno gli sperimentali?

E’ oscura, non emette luce, proprio per questo bisogna immaginare degli occhi non standard (rispetto ai rivelatori di particelle che conosciamo, ndr). Cercare di sbarazzarsi delle lenti amovibili può significare rifugiarsi sotto una montagna, nel nostro caso il Gran Sasso, oppure cercare dal di fuori dell’atmosfera: qualunque sia il metodo, la caccia alla DM, attualmente, è una delle sfide più entusiasmanti della Fisica delle Particelle.

XENON: enlightening the dark

(A cura di F. Toschi, studente di Fisica delle Particelle)

In prima linea nella ricerca diretta di materia oscura, XENON1T rappresenta uno dei principali, e fra i più giovani, esperimenti dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso: acquisisce dati solo dalla seconda metà del 2016. XENON1T è frutto del duro lavoro di numerosi gruppi di ricerca sparsi in tutto il mondo e anni di esperienza maturata con le precedenti fasi del progetto (XENON10 e XENON100). Il cuore dell’esperimento è la TPC (Time Projection Chamber) a doppia fase contenente più di 3000 kg di Xenon liquido e gassoso: i gas nobili infatti producono un chiaro segnale in luce e in carica al passaggio di una particella interagente. Il principio di funzionamento è semplice: le WIMP interagiscono debolmente con i pesanti nuclei di Xenon che rinculano (nuclear recoil) emettendo sia fotoni (scintillazione) sia elettroni (ionizzazione). I fotoni sono immediatamente rivelati, mentre gli elettroni seguono il forte campo elettrico esterno raggiungendo lo Xenon gassoso: qui, a causa di un campo elettrico ancora più intenso, accelerano eccitando gli atomi del gas e producendo un secondo segnale. L’intensità relativa dei due segnali permette di distinguere la natura della particella che ha interagito all’interno della TPC.

Schema di interazione delle WIMP in Xenon

Il gruppo XENON di Bologna, diretto dalla Prof.ssa Gabriella Sartorelli, è attivo nel progetto dal 2009 ed ha svolto un ruolo fondamentale nella realizzazione del sistema di muon veto di XENON1T. Il muon veto permette di rigettare i falsi segnali dovuti ai neutroni prodotti dai muoni rivelando questi ultimi. Attualmente il gruppo è composto da cinque membri e si occupa di simulazioni Monte Carlo (il Dr. Marco Selvi è co-leader del Monte Carlo working group dell’esperimento) e ricerca e sviluppo di fotomoltiplicatori al silicio (SiPM). Nel futuro del gruppo è prevista una maggiore attività di analisi dati e lo studio di sistemi criogenici. Il progetto XENON ha davanti a sè ancora numerosi anni di attività e il lavoro per un giovane sicuramente non manca nel gruppo di Bologna, così come la possibilità di entrare in contatto con una collaborazione internazionale. Le parole chiave sono pazienza ed entusiasmo!

DarkSide

(A cura di A. Lorenzo, studentessa di Fisica delle Particelle)

Ospite anche lui dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, DarkSide è sì concentrato sulle interazioni delle WIMP con la materia ordinaria ma, differentemente da altri esperimenti, utilizza come esca l’Argon. Preceduto dal prototipo DarkSide-10 e attualmente nella fase DarkSide-50 dell’intero programma, in piena attività da ormai 3 anni, il rivelatore è costituito da una TPC bifasica, riempita di Argon liquido e inserita all’interno di un criostato che è inserito, a sua volta, all’interno di un veto per neutroni (uno scintillatore liquido caricato di Boro) che è inserito, a sua volta, in un veto per muoni (un rivelatore Cherenkov). Sicuramente il pezzo più innovativo della matrioska è il Neutron Veto che funge da sistema di veto attivo per i neutroni indotti dai raggi cosmici o provenienti da radioattività naturale.

Il gruppo di Bologna, da poco impegnato in questo nuovo progetto, vista l’esperienza di disegno circuiti, progettazione meccanica e trasmissione dati acquisita sviluppando il TOF di ALICE, si inserisce nel futuro di DarkSide in relazione allo sviluppo di fotomoltiplicatori al silicio (SiPM) e dell’integrazione dei moduli in cui alloggiare i SiPM di DarkSide-20K. DarkSide è molto ambizioso: come ci racconta il Dr. Rosario Nania, figura di riferimento del gruppo di Bologna, l’upgrade consiste infatti nell’aumento del volume di Argon liquido (fino a 20 tonnellate) e nell’introduzione della lettura mediante SiPM. Un valore aggiunto sarà dato dai progetti URANIA (estrazione di Argon dai pozzi di gas naturale di Cortez, Colorado, unica fonte al mondo in grado di fornire 40Ar già depleto dell’isotopo radioattivo 39Ar) e ARIA (distillazione isotopica). Quest’ultimo consisterà nella costruzione di una torre di distillazione di 350 metri all’interno del vecchio pozzo minerario del bacino carbonifero del Sulcis, in Sardegna, che avrà lo scopo di ridurre ulteriormente la presenza di 39Ar, isotopo che con una quantità di Argon come quella di DarkSide-20K, impedirebbe la visualizzazione di eventi rari (39Ar decade β- con tempo di dimezzamento τ=388 y e attività di circa 1 Bq/kg).

E’ chiaro che c’è molto da fare ancora e che per i giovani studenti si tratta solo di accettare la sfida!

Schema del rivelatore Dark Side (http://www.researchgate.net/)

  • live_help Perché i gas nobili?

    Dall’interazione di una WIMP con un nucleo bersaglio si hanno due segnali, uno in carica per ionizzazione e uno in luce (scintillazione). Proprio grazie alla loro struttura atomica, i gas nobili hanno ottime proprietà di ionizzazione e gli elettroni emessi sono liberi di muoversi senza essere catturati dagli altri atomi, poiché non elettronegativi. Infine, i gas nobili sono trasparenti alla radiazione di scintillazione che emettono: questa è liberata in seguito alla formazione di una molecola “nobile” eccitata instabile (Ar*+Ar -> Ar2* -> Ar2+γ, Ar2->Ar+Ar).

    Qual è la differenza tra argon e xeno?

    Le proprietà di scintillazione e di ionizzazione dei due elementi sono praticamente identiche. L’argon, elemento molto usato nei rivelatori a ionizzazione, è caratterizzato da un basso costo e dalla possibilità di discriminare la natura del segnale dalla sola forma del segnale stesso, quindi senza la necessità di TPC a doppia fase, nonostante una TPC bifasica dia un segnale più preciso. Lo xeno è invece molto più costoso (fin quasi 500 volte più dell’argon), ma ha una temperatura di condensazione molto maggiore (circa 170 K contro gli 87 K dell'argon) e un peso atomico maggiore che aumenta sia la probabilità di interazione con le WIMP che le proprietà autoschermanti. Infine, a differenza dell’argon, lo xeno non presenta isotopi radioattivi per cui non richiede catene di purificazione dagli stessi, bensì solo dalla presenza di 85Kr.

AMS-02

(A cura di S. Maccolini e R. Ridolfi, studenti di Fisica delle Particelle)

L’avventura di AMS inizia nel 1994 quando il Prof. S. Ting (Premio Nobel 1976) e altri (tra cui il Prof. A. Zichichi) propongono al DoE (Dept. of Energy) e alla NASA di installare uno spettrometro sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per l’identificazione dei raggi cosmici che colpiscono ogni secondo la nostra atmosfera. La sfida era immensa, viste le dimensioni e la complessità di uno strumento del genere che solitamente trova posto con i piedi ben saldati a terra. Il primo step consisteva nella costruzione di uno spettrometro semplice che entrasse nella pancia dello Shuttle che in quel periodo effettuava 4-5 voli all’anno. Questo esperimento, AMS-01, doveva essere una prova generale per testare le varie tecnologie, tra cui la scelta del tipo di magnete da usare. AMS-01 volò per 10 giorni nel 1998 dimostrando la fattibilità dell’esperimento. Con l’esperienza acquisita dal primo volo si iniziò a progettare AMS-02: dei diversi componenti del rivelatore, il ToF (Time of Flight) fu interamente sviluppato dal gruppo bolognese guidato, tra gli altri, dal Prof. Federico Palmonari.

Il rivelatore AMS-02

L’entusiasmo per l’ottimo risultato ottenuto dal primo volo venne purtroppo smorzato dalla tragedia dello Space Shuttle Columbia del 1 febbraio 2003 in cui persero la vita sette persone; questo rallentò l’iter di AMS vista la paventata interruzione del programma Shuttle, l’unico mezzo capace di portare un oggetto di 7 tonnellate a 400 km di altezza. Nel 2005 il programma AMS ripartì e l’esperimento raggiunse la ISS nel 2011. Da quel momento, grazie alla collaborazione tra NASA e CERN, AMS ha raccolto più di 30 miliardi di raggi cosmici tra cui un milione di antielettroni nei quali potrebbero nascondersi segnali interessanti riconducibili alla materia oscura. AMS vede infatti un eccesso inaspettato di positroni ad alta energia che si accorda bene con la presenza di DM di massa 1 TeV. La teoria alternativa (ma meno affascinante) è che ci sia una pulsar in zone di Universo vicine alla nostra ma per risolvere finalmente la questione dovremo attendere il 2024. “Collaborare con AMS significa avere la possibilità di acquisire competenze al CERN di Ginevra per analizzare la grande quantità di dati -afferma Palmonari- e d’altronde, dopo aver scoperto l’antimateria e gli adroni nei raggi cosmici, perchè non dar loro fiducia ancora una volta?”

AMS-02 sulla Stazione Spaziale Internazionale (da www.nasa.gov/mission_pages/station/research/experiments/742.html)

Contatti Utili

Corsi di Laurea in Astronomia

Se più interessati all’aspetto sperimentale, Prof. Andrea Cimatti

Se più interessati all’aspetto teorico, Prof. Luca Ciotti

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Corsi di Laurea in Fisica

Gruppo FLAG - Dr. Michele Cicoli

Esperimento XENON1T - Prof.ssa Gabriella Sartorelli - http://www.xenon1t.org

Esperimento DarkSide - Dr. Rosario Nania - http://darkside.lngs.infn.it

Esperimento AMS-02 - Prof. Federico Palmonari - http://ams02bologna.weebly.com