Il cervello umano… che rete!
Reti cerebrali per prevedere l’invecchiamento del cervello umano.
(A cura di Andrea Lo Sasso, Università degli Studi di Bari Aldo Moro)
Che siano reti sociali, economiche o cerebrali oramai sentiamo sempre più spesso parlare di rete. Internet o Facebook ci danno ogni giorno un’idea di rete, ma oltre il mondo online ci rendiamo sempre più conto che ogni fenomeno è connesso con innumerevoli altri, come un grande puzzle universale. È in atto una rivoluzione dove scienziati di ogni disciplina scoprono che la natura segue un’architettura complessa e ben precisa: siamo giunti a capire l’importanza delle reti. Tuttavia, sono in pochissimi a rendersi conto che, nel suo rapido sviluppo, la scienza delle reti sta scoprendo fenomeni molto più significativi ed eccitanti di quanto l’uso casuale della parola rete abbia mai suggerito. Contrariamente a quanto si pensa, la prima forma di questa branca della matematica fu inaugurata nel XVIII sec., quando il matematico Leonhard Euler pubblicò un saggio su un curioso problema sorto tra i cittadini di Königsberg: percorrere tutti i sette ponti senza mai attraversarne uno due volte. Non soltanto risolse il problema di Königsberg, dimostrandone l’impossibilità, ma con il suo breve saggio Euler inaugurò, senza saperlo, una prolifica branca della matematica conosciuta come teoria dei grafi.
La grande intuizione di Euler fu concepire i ponti di Königsberg come un grafo, ossia un insieme di vertici o nodi connessi da bordi o link. Euler si basò su una semplice osservazione: i nodi con un numero dispari di link devono trovarsi all’inizio o alla fine del cammino. L’aspetto più importante della dimostrazione di Euler è che l’esistenza del percorso non dipende dalla nostra capacità di trovarlo, ma è una proprietà del grafo. Oggi la teoria dei grafi è alla base della nostra concezione delle reti.
-
live_help Rete o Grafo?
Con il passare degli anni, all’interno della letteratura scientifica i termini rete e grafi sono stati utilizzati in modo interscambiabile, associando alla parola rete anche nodo e link, mentre ai grafi le parole vertice e bordo. Ciononostante c’è una sottile distinzione nei termini. La combinazione rete, nodo, link si riferisce spesso a sistemi reali: la società è una rete di individui legati da famiglia, amicizia o legami professionali. D’altro canto, usiamo i termini grafo, vertice, bordo quando discutiamo della rappresentazione matematica di queste reti: parliamo del web grafico o grafico sociale (un termine reso popolare dall’avvento di Facebook).
La caratteristica fondamentale di una rete è il numero di link che un nodo possiede (cioè il numero dei suoi vicini diretti) chiamato grado k. Tramite questa proprietà possiamo distinguere tre tipi di rete: regolare, casuale e ad invarianza di scala. Importante è il concetto di probabilità legato al numero di nodi. Chiamiamo Probabilità P(k) la probabilità che, preso un nodo a caso, esso abbia un numero k di nodi. In una rete regolare, tutti i nodi hanno lo stesso numero di collegamenti. In una rete casuale, ogni coppia di nodi è connessa con una determinata probabilità, quindi la loro distribuzione segue la distribuzione binomiale. In una rete ad invarianza di scala (scale free), la probabilità segue una legge di potenza del tipo $p(k)=k^{\gamma}$; ciò significa che una rete del genere è caratterizzata nodi altamente connessi, seppur in numero limitato. Questi nodi prendono il nome di hub.
Le Reti nella Fisica Medica
Negli ultimi due decenni il concetto di rete è stato applicato anche in numerosi ambiti della fisica, più vicini all’ambito della fisica statistica come ad esempio la fisica sociale, economica e in particolare medica. In questi ambiti la grande quantità di dati costantemente fruibili (big data) fa si che, attraverso le reti, si riescano a ricavare leggi che governano il sistema studiato, come ad esempio nello studio della dinamica newtoniana, partendo da un’analisi di tipo statistico. Nell’ambito della fisica medica le reti svolgono un ruolo particolare per lo studio del cervello umano (reti cerebrali). Come un sistema fisico che segue le proprietà dei grafi, le reti cerebrali hanno infatti nodi e link derivanti della co-attivazione di più regioni cerebrali. Questi studi sul cervello sono stati facilitati proprio grazie al progresso nella teoria dei grafi e a nuove tecniche di imaging. Attraverso lo studio statistico delle analisi dei segnali BOLD (Blood Oxygen Level Dependent) tramite fMRI (functional Magnetic Resonance Imaging), si sta consolidando il paradigma secondo cui lo svolgimento delle attività quotidiane (come ad esempio immaginare il futuro o recuperare i ricordi) non venga eseguito da singole regioni del cervello che lavorano isolate, ma da reti costituite da diverse regioni dette funzionalmente connesse. Per capire meglio come vengono costruite queste reti, facciamo una passeggiata tra i dati che vengono utilizzati. Questo passaggio ci darà la possibilità di toccare con mano un modello di rete cerebrale.
Resting State fMRI, Connettività Funzionale e Strutturale
Il Resting State fMRI (rsfMRI, o anche R-fMRI) è una tecnica di risonanza magnetica che permette di ricostruire, attraverso la fluttuazione del segnale BOLD, quali aree cerebrali sono coinvolte nell’esecuzione di un compito (task). La quantità di sangue nelle varie aree del cervello umano cambierà in funzione del coinvolgimento di ciascuna area nello svolgimento della task. Questa tecnica ha come suo parametro il cambiamento di magnetizzazione tra il sangue ricco di ossigeno da quello povero. Questo approccio sta portando alla scoperta di una struttura ben precisa del nostro cervello e ha già rivelato una serie di reti costantemente presenti nel cervello sano, delineando possibili forme di disturbi neurologici. La rete di interazioni neuronali può essere ricostruita attraverso due approcci: la connettività funzionale (FC) e la connettività strutturale (SC). La FC è formalmente definita come la correlazione temporale tra eventi neurofisiologici spazialmente remoti. La FC si associa alle diverse regioni del cervello che cooperano per un compito specifico, e dunque condividono proprietà di funzionalità. Questa correlazione viene utilizzata, ad esempio, per lo studio del disordine bipolare o dello stress post-traumatico.
La SC è invece definita come la connettività di regioni che sono fisicamente ed anatomicamente collegate tra loro. In uno studio sulle reti cerebrali entrambi gli approcci sono ugualmente importanti per ricostruire la rete di connessioni in quanto ciascuna modalità è correlata a differenti aspetti funzionali del cervello.
Scoprire l’età biologica del proprio cervello
All’interno del Dipartimento Interuniversitario di Fisica di Bari e nella sezione INFN Bari, il cervello umano è studiato da quasi quindici anni. Uno degli studi più recenti ha condotto allo sviluppo di un software in grado di stabilire l’età biologica di una persona sulla base di misure anatomiche e funzionali. L’algoritmo utilizzato si basa sui dati derivanti dalla fMRI, modellizzati tramite studio statistico per permettere di eliminare eventuali errori, come quelli dati dal movimento della testa durante la misurazione. Confrontando i dati di 155 pazienti in una fascia di età compresa tra i 10 e gli 80 anni, si è riuscito a costruire una matrice di connettività funzionale e strutturale, suddividendo il cervello in circa 2,500 regioni. Dallo studio di queste matrici sono state estratte quelle caratteristiche che più sono legate all’invecchiamento, e si è riusciti a prevedere l’età cronologica dei pazienti con un errore di ± 5 anni. Si è scoperto inoltre che il talamo e la corteccia orbito-frontale sono, con le loro interazioni, le aree che contribuiscono maggiormente, al deterioramento cerebrale. L’età prevista dall’algoritmo corrisponde all’età biologica, dato che viene valutata sulla base delle sole misure di neuroimaging; per ogni soggetto si può calcolare la differenza tra età biologica (BCA) e cronologica (CHA).
La maggior parte delle persone che hanno riportato un’età biologica più bassa della media aveva una caratteristica comune: erano individui molto propensi all’attività sportiva. D’altra parte fare attività fisica quotidiana risulta essere un ottimo metodo per mantenere giovane il cervello umano. “Mens sana, in corpore sano!”, proprio come dicevano gli antichi!
Conclusioni
Le reti sono forse lo strumento che più sta trasformando il nostro modo di vedere le cose. Nonostante il loro ampio utilizzo in ambito tecnologico, nel quale Facebook viene definito uno strumento alla pari del cannocchiale per l’astronomia, sicuramente l’aspetto che più deve colpire è come queste tecniche riescano facilmente a darci una chiara rappresentazione di molti aspetti scientifici oggi studiati, quali sistemi biologici, economici e sociali. L’attività del Dipartimento Interuniversitario di Fisica di Bari, nell’ambito della fisica medica, in collaborazione con il Policlinico e Politecnico di Bari, forte di uno dei più grandi centri di calcolo italiani, il ReCas Bari, porta avanti questa ricerca e trova sempre più approvazione anche in ambito internazionale. Uno stimolo in più per poter continuare in questa direzione.
Per saperne di più
[1] Albert-Làszlo Baràbasi. “Link – La Nuova Scienze delle Reti”. Einaudi, 2004.
[2] Olaf Sporns. “Networks of the Brain”. MIT Pr, 2016.
[3] Paolo Bonifazi et al. “Structure–function multi-scale connectomics reveals a major role of the fronto-striato-thalamic circuit in brain aging”. Wiley. Hum Brain Map. 2018;1-15. 10.1002/hbm.24312
Contatti utili
“Il cervello umano… che rete!” di Andrea Lo Sasso, Associazione Italiana Studenti di Fisica, è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.