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Scienza e responsabilità sociale

un'inchiesta sull’oscuro mondo della frode nella ricerca scientifica

«Principio di salute è conoscere il peccato» scriveva il giudice Bono Gianmboni nella seconda metà del Duecento a Firenze. Per comprendere il fenomeno della frode nella Scienza bisogna innanzitutto riconoscerlo ed analizzarlo dalla base. Per molto (troppo) tempo la comunità accademica e scientifica ha cercato di insabbiare il cattivo comportamento dei suoi membri per timore che tale rivelazione potesse indebolire la fiducia nella figura dello scienziato e del ricercatore. Le inchieste sulle «poche mele marce» restavano private nella ferrea convinzione che questo malsano comportamento, circoscritto a pochi imbroglioni, potesse essere sradicato dall’interno.
Tuttavia non sembra essere questa la strada giusta da percorrere.

Enrico Bucci, nel saggio “Cattivi Scienziati”, ricorda come la frode nella ricerca non sia affatto un fenomeno nuovo. Già nel 1830 il matematico e filosofo nonché padre dei calcolatori programmabili Charles Babbage classificò tale comportamento in quattro tipologie: mistificazione (hoaxing), osservazioni mai avvenute (forging), esclusione ingiustificata di dati (trimming), selezione ingiustificata di dati (cooking).
Babbage intese la frode come mezzo veloce per soddisfare il desiderio di alcuni scienziati di acquisire credito scientifico. Oggi questa definizione va decisamente ampliata. In alcuni casi la pubblicazione di articoli falsificati porta diversi vantaggi, non solo un’acclarata fama nel mondo scientifico.
Nel 2000 Jan Hendrik Schön, un promettente fisico che lavorava nel campo dei superconduttori presso i Bell Laboratories negli Stati Uniti, pubblicò ben 8 articoli su riviste del calibro di Nature e Science.
Articoli incentrati su rivoluzionari studi di transistor molecolari e plastiche superconduttive. Il fascino e la seduttività della ricerca portò Schön alla ribalta. Ambitissimi premi personali e in denaro ed un posto garantito da direttore in uno dei Max Planck Institut tedeschi. Solo l’interesse che il campo di studi suscitò in ambito industriale rivelò che i dati pubblicati erano in realtà contraffatti. Stessa sorte per il professore sudcoreano Hwang Woo-suk il quale, grazie ad articoli falsificati sulle cellule staminali, riuscì ad ottenere una forte influenza presso il governo sudcoreano nonché circa 57 milioni di fondi pubblici per le sue “ricerche”.

Fama, potere e danaro sono i motori della frode.
Bucci non si ferma ad una descrizione del problema ma analizza gli aspetti più profondi dei sistemi di valutazione degli scienziati. Dal processo di peer review alla decisiva importanza del curriculum per garantirsi una carriera duratura.

I dati ci dicono che la percentuale di articoli ritirati o ritrattati è in aumento. La cultura del sospetto che alimenta la perdita di fiducia nella Scienza , e di conseguenza la perdita di fondi pubblici, va combattuta con un sistema immunitario più forte. I linfociti T (che nell'organismo umano hanno il compito di individuare le cellule cancerose) della comunità scientifica dovranno essere necessariamente gli scienziati stessi. Aziende specializzate, blog di discussione su internet, figure professionali dedicate e tolleranza zero verso chi imbroglia.
Alla fine sarà la comunità scientifica a guarire sé stessa.

David Pelosi
Università di Perugia, Dipartimento di Fisica e Geologia


Cattivi Scienziati
di Enrico Bucci
AddEditore, 2015
pp. 155(euro 14,00)