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I registi dell'evoluzione

come i geni sconvolgono la visione della Natura

L’idea di una natura in cui vige “la legge del più forte”, dove ciascun essere vivente è costretto ad una eterna lotta individualistica, è uno dei cliché più diffusi in assoluto sulla teoria dell’evoluzione (nonché, come molti cliché, una banalizzazione e un’errata interpretazione della realtà dei sistemi viventi). Tuttavia, nel libro “Il Gene Egoista”, Richard Dawkins propone un affascinante cambio di prospettiva che sconvolge il modo abituale con cui guardiamo alla vita: senza alcuna pretesa di appellarsi al significato letterale del termine “egoista”, o di supporre una qualsiasi forma di coscienza ai nostri geni, egli propone di studiare i processi evolutivi dal punto di vista di questi ultimi e, in particolare, del guadagno in termini di diffusione e di replicazione del gene.

Con questa idea, il biologo inglese sviluppa la sua tesi passando in rassegna il modo in cui l’influenza dei geni condiziona gli esseri viventi, i quali diventano così semplici traghettatori e macchine per il loro trasporto da una generazione all’altra. Sotto il giogo di queste “eliche immortali”, l’uomo sembra avere il proprio destino segnato dal controllo di altre entità; viene quindi discussa la sua libertà d’azione e la sua capacità (come quella degli altri esseri viventi) di ribellarsi al compito impostogli dai geni.

Negli ultimi capitoli, Dawkins tratta due aspetti tipici (ma non esclusivi) dell’uomo: la cultura e l’altruismo. Prima di tutto, arriva a poter generalizzare la concezione di unità di replicazione, coniando una nuova, fortunatissima, parola: “meme”, con cui indica un’unità di informazione culturale che viene trasmessa e modificata nel passaggio da una persona all’altra. Un significato molto più generale rispetto ad oggi, ma che dagli anni ’80 sembra quasi dare presagi di quella che sarà la diffusione di dati, cultura e informazioni nella successiva era di internet, in un continuo modificarsi e alterarsi con il passare delle mode.

Sull’altruismo, invece, discute i risultati di metodi d’indagine computazionali: simulando all’interno di una popolazione individui con tattiche diverse che si scontrano in un gioco detto “dilemma del prigioniero”, riporta i risultati delle tattiche più efficaci alla sopravvivenza, dimostrando come l’egoismo sfrenato non sia la migliore delle tattiche possibile.
Il libro scorre fluido grazie alle qualità da scrittore dello scienziato, capace di evocare immagini potenti e indimenticabili. È una lettura che tenta di modificare le lenti con cui si guarda al mondo: la prospettiva che fornisce risulta incredibilmente cinica, ma mai disperata, fornendo un moderno classico della scienza.

Francesco Paolo Nerini
Università di Bari, Dipartimento di Fisica


Il gene egoista
di Richard Dawkins
Mondadori, 1979
pp. 372(euro 15,00)